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Lectio divina Mosconi

Franco Mosconi

CREDI TU QUESTO?

La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui.
(Gv  11,26)
MARIA MADRE DEL SIGNORE E MADRE DEI   CREDENTI

(Luca 1, 26-38)

Preghiamo

Signore Dio nostro,

che hai fatto della Vergine Maria

il modello di chi accoglie la tua parola

e la mette in pratica,

apri il nostro cuore alla

beatitudine dell’ascolto,

e con la forza del tuo Spirito,

fa che noi pure diventiamo luogo santo

in cui la tua parola di salvezza oggi si compie.

Per Cristo nostro Signore.

Amen.

Come avete notato, forse un po’ di anni fa feci questo testo, ma essendo questo l’Anno della Fede mi sembrava opportuno presentare questi medaglioni di persone di grande fede: da Abramo a Mosè,  e a Maria, che domina un po’ l’Avvento.

L’altro giorno facevo un po’ questo discorso al Clero di Vittorio Veneto e dicevo che, al di là del mese di Maggio, il vero mese di Maria è l’Avvento, dove tocchiamo con mano un po’ tutto il mistero di questa donna.

E, prima di leggere il testo e commentarlo, faccio una breve premessa che riguarda proprio il culto di Maria.

La prospettiva in cui dovremmo situarci, per comprendere il mistero di Maria, è solo quella della fede, che è disponibilità a comprendere e ad accogliere una Parola, la quale deve guidare e plasmare la nostra vita.

Quindi vorrei presentare questo discorso globale sulla Madonna -anche sinteticamente-  come appare nel Nuovo Testamento: per mostrare come esso ci stimoli a cogliere il senso della presenza di Maria accanto alla vicenda di Gesù di Nazareth.

Se la prospettiva in cui ci si muove è quella della fede e della disponibilità a comprendere una Parola che deve orientare la nostra vita, questa non può non determinare anche un atteggiamento di preghiera.

Proprio questa riflessione dovrebbe aiutarci a sfrondare di ogni psicologismo indebito la nostra “devozione a Maria”, per ritrovare il contenuto della fede.

Cioè le affermazioni della fede sono solide, non sono psicologistiche, non indulgono a un sentimentalismo più o meno vago, più o meno incontrollato.

Anche l’introdurci nell’austerità delle affermazioni della fede ci farà quindi superare il sospetto, nei confronti della Madre del Signore, di un maternalismo ingiustificato, o di una proiezione ambigua del bisogno della madre, che purtroppo si verifica sempre.

Maria è madre, ma di Gesù di Nazareth.

Questo è il dato. Questo è ciò che sta all’inizio.

Al suo singolarissimo ruolo accanto a Cristo è proporzionata allora la collaborazione alla salvezza che essa realizza, appunto, come Madre del Salvatore.

E’ importante capire il senso di questo dato. E’ come ritrovare un respiro, una dimensione di singolarità o anche di universalità e di unica profondità di Maria, della sua carità nei nostri confronti.

In questa logica ci è dato di comprendere che, proprio perché Maria è la Madre del Salvatore, essa collabora in modo singolare e universale alla nostra salvezza e la sua collaborazione -di donna e di madre- può essere giustamente qualificata come materna, al di là di ogni immediato psicologismo.

In questo senso possiamo vivere un rapporto filiale con lei.

Quando è la fede ad assumere questi aspetti della personalità, a integrarli e a unificarli nella direzione giusta, non dobbiamo essere nemmeno diffidenti nel costruire un rapporto con colei che è “Madre nostra”, perché  “Madre del nostro Salvatore”.

Quando entrasse in ballo la psicologia, o un’idea comunque di maternità, a guidare il rapporto con Maria, indubbiamente questo condurrebbe a una direzione sbagliata. E sappiamo che purtroppo molto spesso, la storia della devozione alla Madonna ha conosciuto manifestazioni o espressioni di questo genere. Ma quando è la fede a verificare l’autenticità del rapporto con Maria, io credo che, giustamente, anche tutte le componenti della nostra personalità possono trovare la loro armonizzazione.

E’ importante capire che la devozione a Maria va integrata nella visione di fede.

“Integrare” Maria nella visione di fede significa: riconoscere la sua singolarità, la singolarità del suo ruolo, del suo modo di essere in rapporto con Gesù Cristo, da cui prende forma il suo modo di essere in rapporto con me.

Se ella intercede per me, se mi ama, mi ama non perché mi ferma a sé, ma per il rapporto che vive con Cristo: lei stessa è tutta riferita a Cristo.

Devo dunque rispettare, riconoscere, il suo posto e non porla mai in alternativa a Gesù.

E poi anche la stessa intercessione. L’intercessione è una caratteristica della preghiera cristiana: è pregare gli uni per gli altri, è un modo per esprimere la carità.

Questo vale nel caso nostro: io prego per un’altra persona, chiedo ad un fratello o ad una sorella di pregare per me; questo vale per i nostri defunti, vale per i Santi, e vale nel caso di Maria.

Soltanto che, anche qui, bisogna riconoscere che la preghiera di Maria per noi è commisurata ancora alla sua singolarità. Allora, quando la invochiamo: “prega per me, prega per noi…”, le riconosciamo la singolarità di un intercedere che è assolutamente suo.

Vuol dire che, mentre diciamo a Maria: “prega per me”, sappiamo che ciò significa: “io riconosco che tu sei vicina a Gesù Cristo come nessuno, che tu partecipi della carità di Gesù Cristo come nessuno, che tu sai quello che è bene per me come nessun altro: perché tutto è misurato sull’amore che tu hai per me e sulla vicinanza tua con Gesù Cristo”.

E’ un credere che l’intercessione è chiesta a colei che sappiamo avere un ruolo caratteristico, che le riconosciamo, che è singolare, che è suo. Quindi ancora una volta deve entrare questo principio della singolarità che essa ha con Cristo e che dobbiamo rispettare.

Rispettare questo ruolo di Maria significa non confondere certe forme di devozione con la fede. La devozione alla Madonna può esprimersi e manifestarsi con spontaneità, con semplicità, ma sempre nella prospettiva della fede.

E il giudizio secondo la fede non è quello dell’intellettuale arido e asettico:  è quello di chi sottopone al discernimento della fede, della Parola di Dio, ogni espressione; non per eliminarne la spontaneità, ma per ricondurla al senso della fede. E la fede diventa il criterio di tutti i comportamenti, di tutti gli atteggiamenti umani.

L’importante è chiedersi: ma queste forme devozionali servono a fare un cristiano?  Sono coerenti con la fede?

La fede è sempre misurata sulla parola del Signore.

Posta questa premessa, cerchiamo di leggere il testo per poi entrarci e cogliere proprio la ricchezza di questo brano. Lc 1,26-38.


26Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth,
27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
28Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
32Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
37nulla è impossibile a Dio».
38Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.

2. Maria modello, perché ascolto e prima discepola della Parola

Perché ho scelto questo testo?  Perché Maria è una figura di grande fede ed è una figura dell’Avvento.

Noi siamo abituati a vedere Maria come, certamente, un caso unico: soltanto lei genera il Messia; ma in realtà quando diciamo che Maria è Madre della Chiesa -e noi facciamo parte anche di questa Chiesa- se siamo figli di questa Chiesa dovremmo avere qualcosa in comune con la Madre, altrimenti che figli siamo se non assomigliamo alla madre?

Ecco perché quello che emerge stamattina, emerge anche attraverso un confronto diretto con Maria: noi facciamo soltanto un’esegesi, una lettura sapienziale, è vero, però c’è anche un confronto che bisogna fare con lei.

Quindi è un brano certamente molto noto, fin troppo noto: lo abbiamo meditato anche il giorno dell’Immacolata, ma è anche un brano che ci dice come ci si accosta alla Parola.

Quando Gesù dice nella sinagoga di Nazareth: “Oggi si compie questa parola”, è perché lui, lui la “fa”.

Maria ascolta la Parola, come noi ascoltiamo la Parola, e dice: “Ecco, avvenga questa Parola”.

Vorrei che stamattina, mentre meditiamo questo testo, dicessimo anche noi: “avvenga in me questa Parola”, perché, certamente soltanto in Maria darà alla luce nella carne il Messia, ma anche in me deve crescere questa presenza di Cristo.

E’ un po’ fare spazio, è un po’ un morire a sé stessi perché Lui cresca.

Come dirà il buon Giovanni Battista: “bisogna che Lui cresca ed io diminuisca”.

Non a caso Paolo arriverà a dire: “non sono più io, ma il Cristo vive in me”.

E questo cammino è sorretto, direi, dall’ascolto quotidiano della Parola che tu vivi,  e per questo dici: “ecco, avvenga questa Parola”.

E’ un richiamo a una disponibilità, una disponibilità che fa sì che questa Parola accada anche dentro di noi. E poi vedremo come questo processo si verifica.

Per il fatto che è un brano molto noto, bisogna anche riscattare tutto ciò che sa di scontato, in modo da avere occhi, orecchi e soprattutto un cuore nuovo, per cogliere il senso più profondo, per cogliere la sua attualità.

Questa maternità di Maria è una maternità esemplare, per cui dà carne alla Parola; e questa maternità esemplare consiste in questo: “Eccomi, si compia questa Parola”.

E la sua maternità  -dicevano già gli antichi- prima che nel ventre è nell’orecchio (quante volte abbiamo parlato dell’ascolto: non è per niente uno slogan).

La vera maternità è ascoltare.

E’ ascoltando che tu capisci, è ascoltando che tu concepisci l’altro, perché ti entra dentro e vivi della parola che ti è entrata. La vera concezione è l’ascolto.

E Maria, potremmo dire, è veramente la prima che ascolta, è la nuova Eva, è il modello di ciascuno di noi.

Mentre Adamo ed Eva non ascoltarono, questa donna è la prima fra tutte che dice di “sì” a Dio, a Dio che da sempre è “sì”, a Dio che è sempre fedele (l’abbiamo visto anche quando abbiamo meditato sia Abramo che Mosè).

Ed è interessante il rapporto che ha Maria con la Parola nel Vangelo.

Se pensate ai Vangeli dell’Infanzia, Maria è la custode della Parola nel suo cuore. Ed è proprio ricordando la Parola che uno dà carne alla Parola, perché ricordandola la vive.

Pensate ai Padri del deserto che imparavano a memoria, e non era un fatto puramente mnemonico, era un modo per tenere dentro questo ruminare la Parola.

Poi si dice ancora che Maria, dove non capiva, confrontava, ricordava, e non è un ricordo scontato, è un ricordo che cresce nel tempo, fino a quando potrà raggiungere la sua piena misura.

E quando la Madre, Maria, e i fratelli sono fuori che cercano Gesù, Gesù dice: “Chi è mia madre? Mia madre è chi fa la volontà di Dio” (Lc 8,21).

Chi ascolta la parola e la “fa”.

E quando quella donna dice: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato”, Gesù dice: ”Beato chi ascolta e fa la Parola” (Lc 11,27-28). 

Quindi la maternità di Maria è anzitutto l’ascolto della Parola.

E ogni volta che noi ascoltiamo e che la Parola ci entra nel cuore, si realizza l’oggi, si realizza quanto la Parola dice.  (Io ci credo in questo, è vero!)

Non a caso questo brano è messo all’inizio del Vangelo di Luca, per dire come si legge il Vangelo.

Per ogni brano che leggi e dici sì alla Parola, la Parola diventa la tua vita, giorno dopo giorno, e si realizza l’oggi che Gesù è venuto a portare, l’oggi di Dio.

Il problema è messo all’inizio del Vangelo, ed è il “sì” a ciò che è detto.

Perché l’uomo è anche sovranamente libero.

Dio da sempre è “sì” e attende uno che gli dica “sì”.

E Maria, è la prima dell’umanità -per questo è un po’ la matriarca, è un po’ la madre del nuovo popolo di Dio- che dice sì e diventa il prototipo di tutti i credenti.

In questo senso ci confrontiamo oggi con questo brano e con Maria, che è il prototipo di tutti i credenti, di ciascuno di noi, perché ciascuno di noi ha la stessa vocazione di Maria: quella di concepire l’Inconcepibile.

Questo ruminare, questo meditare, questo assimilare, necessariamente ci porta ad una progressiva trasfigurazione, a una progressiva divinizzazione, perché tu, meditando, morendo un po’ a te stesso e facendo spazio alla Parola, dai veramente corpo a Dio nella tua vita. E’ vero, è così!

E vediamo come avviene questo processo.

3. La forza di Dio è la debolezza della Parola

26Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth,

26Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth,

27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

In questi versetti iniziali cosa troviamo? Ci sono le coordinate, ci sono i protagonisti: le coordinate dell’avvenimento della Parola, del concepimento in Maria della Parola.

Domenica scorsa, il Vangelo tirava in ballo –potremmo dire- il “G.7”: “mentre era tetrarca, mentre era procuratore, mentre era…la Parola scese su Giovanni”.

Luca ci crede talmente in queste cose che dà  le coordinate anche storiche, concrete, dice: “andate a controllare. Mentre in quel tempo storico c’erano questi personaggi, la Parola di Dio scese su Giovanni Battista nel deserto”.

E qui praticamente ripete lo stesso paradigma. Qui abbiamo le coordinate di tempo, di luogo, di spazio, di mezzo, destinatari di questa Parola.

E dove avviene tutto questo? Non avviene a Gerusalemme, luogo santo, avviene a Nazareth; ed è significativo anche questo.

Nazareth è il luogo della quotidianità della vita, dove Maria vive, dove Maria è  sempre vissuta, dove Maria certamente ha le sue relazioni, le sue amicizie, il suo lavoro, dove vive.

Questo per dirci che cosa? Che il luogo dove mi coglie la Parola è lì dove vivo, non c’è bisogno di andare all’Eremo di S.Giorgio, di andare a Camaldoli, di andare a Bose o andare ad Affi:  la Parola mi coglie lì dove vivo!

L’importante è che la Parola sia adesso, ora, e qui. Se è domani, o è altrove, non sarà mai: non so se avrò un domani.

E Dio, poi, parla attraverso l’angelo e l’angelo è colui che annuncia la Parola.

Dio parla, interviene, con la Parola, come ogni persona.

Uno quando parla si espone, si dona, si comunica: l’altro mi può accettare, mi può anche rifiutare.

E Dio con noi fa così, non ci impone niente: ci parla, si compromette, si espone e attende che l’altro dia una risposta.

Quindi il mezzo di Dio è la Parola, non ha altri mezzi, e non ne vuole usare altri.

Perché? La parola che cos’è?

La parola è anche il rispetto della tua intelligenza, della tua libertà. Poi la parola è l’espressione di te, tu con la parola realmente ti doni all’altro, però rispetti l’altro che può anche non ascoltare, che può far finta di avere capito, o dimenticare, o dirci anche di no: rispetta totalmente l’altro.

E questo angelo si chiama Gabriele.

Gabriele cosa vuole dire? Gabriele è “la forza di Dio”, e la forza di Dio è la debolezza della sua Parola, con la quale ci interpella, si fa conoscere, si propone, si promette.   E poi attende.

Il destinatario di questa Parola è una donna, una ragazza di Nazareth.

Precedentemente c’era stata un’altra annunciazione, quella a Zaccaria ed Elisabetta che erano sterili.

E’ importante nella Storia della Salvezza la sterilità, la non fecondità :  per un Ebreo rappresenta un dramma il fatto che una persona non può generare, perché non ha un futuro. E allora la sterilità e, soprattutto, il non aver futuro come persona cosa fa emergere? Fa emergere che Dio è colui che dà futuro a chi non ha futuro. A partire da Abramo e Sara: Dio è colui che dà futuro a chi non può avere un futuro, perché nulla è impossibile a Dio.

E nella Storia Sacra, direi i momenti topici, a volte sono rappresentati da queste matriarche che non possono generare: penso a Sara, penso ad Anna, penso ad Elisabetta.

Maria incomincia a capire qualcosa: “Il futuro non posso farmelo io”.

Maria è vergine, ma questa verginità che cos’è, al di là del fatto biologico?          

E’ la disponibilità fondamentale ad accogliere l’altro come altro.

Dio non lo puoi fare, Dio lo puoi accogliere: dici  “sì”  e  lo  accogli.

Quindi la verginità di Maria, al di là del fatto fisico, è questa caratteristica fondamentale di chi ha capito che tutto sommato siamo sterili verso il nostro futuro, non lo produciamo noi.

La verginità è questa pura accoglienza, è questa totale apertura.

Queste sono le condizioni in cui cade la Parola: i primi due versetti; sono le coordinate di tempo, di spazio e di luogo:

non domani, ma oggi; 

non altrove, ma qui, come è successo per Maria,

a Nazareth, lì dove vive.

Con quale disponibilità? Con la disponibilità di uno che ha capito che non tocca a me fare, a me tocca accogliere.

A questo punto, sentiamo la proposta di questa Parola.

Qui siamo di fronte ad un versetto che è fondamentale, anche se la traduzione può essere cambiata, può essere diversa.

28Entrando da lei, (notiamo che queste cose Maria non se le è inventate: l’angelo era fuori, quindi entrando da lei….) disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» 

La vera traduzione, più che un saluto così banale, dice: “Gioisci, rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te”. Questo potremmo dire che è la parola, la frase più autentica, più vera dell’angelo. Per dire, non si inventa niente perché è entrato, e questa parola dice: “Rallegrati, gioisci”.

Perché dice: “Rallegrati, gioisci”?

Perché questo è il disegno di Dio sull’uomo, non è un saluto banale.

Cosa vuole Dio dall’uomo?

Vuole che sia contento “Rallegrati”, “Gioisci”, perché Dio è amore, Dio è gioia, e vuole che l’uomo ami, vuole che l’uomo sia e stia nella gioia, che sia accogliente.

E cosa vorrà dire all’uomo, quali obblighi?

Qui non c’è alcun obbligo. Vuole la tua gioia, perché la gioia è il segno della pienezza di vita, di relazioni, di felicità, di rapporti.

Questo vuole Dio; forse il contrario di quando pensiamo alle religioni fatte di precetti e di obblighi.

Qual è la volontà di Dio?  Vuole che tu sia contento, e il primo segno, se tu sei presente a Dio, è che sei contento.

L’angelo che porta la Parola di Dio: «Gioisci, rallegrati piena di grazia, il Signore è con te»,  perché la gioia è data, appunto, dalla relazione.

Mi sembra molto bello, stupendo, questo imperativo: “Gioisci”.

Direi che è un po’ la sintesi di tutta la Bibbia.

Cosa dice Dio all’uomo?  “Gioisci, come io gioisco di te!”

Solitamente Dio mette in un certo senso le mani avanti, perché adesso sta per chiedere delle cose abbastanza pesanti. Però parte da questo annuncio: “Gioisci”, cioè Dio cerca di placare il timore, la paura di questo annuncio, di quello che sta per dire, infatti poi dirà: «Non temere».

Poi continua ancora con la parola «piena di grazia» -qualcuno dice “graziata, trasformata dalla grazia”-, non dice il nome di Maria, questo è il suo nome nuovo: «piena di grazia».

In greco c’è un termine che vuol dire gioia, dono, amore, bellezza, bontà, perché l’uomo è fatto per questo, perché Dio è amore, Dio è grazia, Dio è bellezza, Dio è gratuità.

Questa è la vita e la gioia dell’uomo ed è questa la proposta che Dio fa all’uomo.

Ed è interessante che la Parola non dica il nome di Maria: il suo nome nuovo è «piena di grazia». Cioè il tuo nome (mi piace dire queste cose), il tuo nome è l’amore che Dio ha per te, la gioia che Dio ha per te. E questo è il nome di ciascuno di noi.

Qual è il mio vero nome? E’ l’amore che Dio ha per me.

Bisogna essere convinti, ed è vero: è l’amore che Dio ha per me, è la gioia che Dio ha per me.

Ed io cosa devo fare? Niente, gioire di questo, perché questo è il mio vero nome. Capire il mio vero nome, è capire l’amore che Dio ha per me.

Se compio qualcosa di male lo faccio perché non ho ancora capito questo, e Gesù viene a rivelarmelo. Lui è il Figlio amato dal Padre, per questo ama i suoi fratelli e le sue sorelle; per questo vive nell’oggi di Dio, nella gioia e nella bellezza.

E subito dopo il nome nuovo di Maria «piena di grazia», c’è anche il nome di Dio -ecco perché questo versetto è un po’ la sintesi  della Scrittura, di tutta la proposta di Dio all’uomo: “Gioisci perché il tuo nome è l’amore che Dio ha per te”-

E qual è il nome di Dio?  «Il Signore è con te».

Il nome di Dio è questo complemento di compagnia: “è con te”, è l’Emmanuele, il Dio con noi. Questo è il motivo della gioia.

Quindi capite che «Il Signore è con te» non è un semplice augurio, ma l’assicurazione che Dio agirà al di là delle nostre capacità, al di là delle capacità di chi ha chiamato.

Mi pare siano rilevanti questi due nomi, le due identità della persona:  non Maria ma «piena di grazia»; anche quello del nome di Dio che è ineffabile, indicibile, però per noi è: «Il Signore è con te»; la sostanza di Dio è l’essere con noi, si mette con noi, cammina con noi, condivide le nostre stesse situazioni di vita, di sofferenza e di morte.

Ogni brano della Scrittura mi rivela un aspetto di questa gioia di Dio, di questo mio nome, di questo suo essere con me, e quindi anche il mio modo nuovo di essere.

E poi: 

29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.

Anche questo è un versetto splendido, ricchissimo.

Per capire un po’ questo turbamento di Maria, proviamo a immedesimarci in lei (questa parola che è rivolta a Maria -ripeto- è rivolta anche a ciascuno di noi).

Il turbamento di Maria è comprensibilissimo, è qualcosa di eccessivo: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te»

È qualcosa di eccessivo questo disegno di Dio su di te, su di me.

Cioè Dio sta operando in te e, attraverso te, vuole realizzare un disegno di salvezza superiore alle nostre forze. Sembra troppo bello per essere vero, però è per me.

Il turbamento è dato da questo eccesso di grandezza che l’uomo prova davanti al divino. Ma noi siamo fatti per questo eccesso, perché  “alla fine -dirà Paolo- Dio sarà tutto in tutti”.

E  allora, di fronte a questo turbamento, è l’angelo -direi è ancora la parola di Dio- che risponde ai miei turbamenti, perché se rispondo io ai miei turbamenti, non so cosa posso rispondere.

Invece no, è la Parola:  «Non temere».   Vuol dire che stai temendo: «Non temere». 

E’ la paura che ti rovina, perché temi che non sia per te questo saluto, questo messaggio, temi di non essere all’altezza.

In fondo, Maria non è -potremmo dire- una credulona che accetta tutto ad occhi chiusi: vuole anche capire, vuole anche farsene una ragione, entrare nel significato delle parole.

Non è il fatto che tu sia all’altezza o meno di questo messaggio, di questo annuncio: Dio è così per te. Non è qualcosa che tu hai meritato (sottolineiamo ancora, non è qualcosa da meritare -questo saluto non è meritato- quante volte abbiamo detto: togliamo di mezzo la meritocrazia, tutto è grazia, tutto è dono); quindi non temere  di non essere all’altezza di questo discorso, non è qualcosa da meritare, tutto è gratuito, infatti «hai trovato grazia».

Il motivo di tutto questo è ancora la stessa parola “grazia”: «hai trovato grazia presso Dio».  E il “trovare grazia” è un termine tecnico in ebraico che vuol dire, per una ragazza, aver trovato grazia agli occhi di un ragazzo e viceversa.

Vuol dire :  “Dio si è innamorato di te” = «hai trovato grazia presso Dio» Dio è amore e non può essere diversamente. Questo è il motivo per cui gioisci, per cui il tuo amore è l’amore che Lui ha per te.

E il Suo nome è :  “essere con te” =  «Il Signore è con te».

Capite la ricchezza di questo versetto.

4. Dal Dio con noi al Dio in noi

31”Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.32Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre. 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Ed è sempre la Parola che spiega a Maria -e a noi- qual è il progetto di Dio su ciascuno di noi.

E’ importante:  Il progetto di Dio è che noi concepiamo Dio.

Non sto dicendo delle bestemmie:

Dio si dona a noi come Parola e la Parola la puoi concepire, nel senso che ti entra nel cuore e diventa la tua vita (capite l’insistenza sulla lectio e sulla Parola). Da notare che Dio non è tutto nella Parola, la Parola è qualche cosa; gli antichi dicevano “Verbum abbreviatum”: è qualcosa di diminuito, non posso pretendere di capire Dio soltanto attraverso la Parola, però se mi manca anche quella non capisco più niente.

E l’altro diventa la tua vita una volta che ne accogli la sua parola.

Quindi lo concepisci, lo lasci vivere in te. Non solo lo lasci vivere in te, ma tu diventi come lui, ed esprimi nella tua vita lui stesso, lo generi. E la tua vita è chiamare per nome lui, un entrare in dialogo con lui che è in te e tu in lui.

Questo è il disegno di Dio sull’uomo  che si realizza: attraverso la Parola e se dico “sì” alla Parola.

E questo Gesù che concepisco, che genero, che chiamo è il Figlio di Dio, è Dio stesso!

(Era la tentazione del primo Adamo, diventare come Dio; purtroppo Adamo ha sbagliato strada)

E qui Dio diventa il mio futuro, si realizza questa promessa fatta a Davide:  il Messia, che,  potremmo dire, realizza la pienezza di vita dell’uomo. Ed è sempre la Parola a rivelarci la nostra identità, questa identità di Dio, questo progetto di Dio su di noi, che è sempre più grande di quello che noi pensiamo.

5. Lo Spirito Santo scenderà su di te

A questo punto:

34Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».

Non è che qui Maria dubiti come aveva dubitato Zaccaria che non credeva e voleva un segno, Maria chiede come succederà, come capiterà.

Le traduzioni a volte non sono così facili, perché dice: «Come è possibile?». Cioè Maria non dubita della possibilità, ma chiede come possa ravvisare quello che l’angelo ha annunciato, quale sia l’indicazione per cogliere quanto il Signore sta realizzando. Cosa devo fare? Devo darmi da fare anch’io? Non conosco uomo, devo conoscere un uomo? Devo darmi da fare per produrlo? Cosa devo fare?

Maria domanda un parere, domanda un consiglio.

E allora?, è ancora la Parola che risponde (v.35):

35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.

Allora cosa devi fare? Non è che devi “fare”, è lo Spirito Santo che “fa”.

Lo Spirito Santo è la vita stessa di Dio, è l’amore stesso di Dio che scende su di te, che opera in te. Non è una cosa da “fare”, è l’amore che “fa”. 

Quindi è un invito a fidarsi (questo vale sempre anche per noi: è un invito a fidarsi di Dio). Davanti alla sue paure, ai suoi dubbi, alle sue richieste di chiarimento, la risposta è molto chiara: «Lo Spirito Santo….io sarò con te».

Non c’è molto da capire, c’è piuttosto da abbandonarsi a Dio, a questo suo progetto di amore. E’ l’amore stesso che Dio ha per te, che si comunica se tu dici “sì” alla sua Parola che avviene.

Qui ci sono i famosi sermoni di San Bernardo, che è il cantore di Maria. 

San Bernardo quando commenta l’Annunciazione dice: “tutto il mondo è lì che pende dalle labbra di Maria, aspetta che dica “sì”, perché qui c’è la salvezza dell’umanità, del cosmo intero”.

Quindi  è l’amore stesso che Dio ha per te, che si comunica se tu dici “sì” alla sua Parola che avviene. Non è che sia frutto del tuo sforzo, per quanto ti sforzi, tu sei sempre quello che sei, è accogliendo l’altro che diventi diversa, diventi come colui che accogli. Quindi non preoccuparti, accogli davvero lo Spirito, accogli davvero l’amore che il Signore ha per te. Poi vivrai di questo amore, sarà il tuo spirito, la tua vita; ciò che nascerà da te, sarà davvero il Figlio di Dio.

E’ il grande mistero dell’uomo, che davvero genera Dio ascoltando Dio: non lo produci, lo accogli.

E poi dice:

36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:37nulla è impossibile a Dio».

E’ ancora l’angelo  -noi potremmo ripetere: è ancora la parola di Dio- che rimanda a Elisabetta, che in Luca è l’immagine del Primo Testamento, insieme a Zaccaria, al quale era stata promessa in Abramo una numerosa discendenza, eppure non riesce a vederla.

Dice: «Vedi Elisabetta, era sterile, ed ha concepito un figlio».  Questo è un segno in tutto l’Antico Testamento dove si vede che Dio dà futuro a chi non ha futuro. E’ il segno dell’azione di Dio, perché Dio è proprio questo: perché è lui il futuro dell’uomo.

Quindi ciò che avviene in Elisabetta, la sterilità che diventa fecondità, mostra a tutti noi che la nostra sterilità, la nostra incapacità a produrre l’altro, diventa fecondissima una volta che diventa accoglienza; potremmo dire anche: verginità.

«Nulla è impossibile a Dio».  Nulla è impossibile a Dio, non lo produci, arriva se lo accogli ed è per te. Qui Maria diventa davvero il partner di Dio.

6. “Eccomi, desidero ardentemente che sia così”

E a questo punto:

38Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.

E l’angelo esce.

Come un tempo Gesù disse nella sinagoga di Nazareth: «Oggi si compie questa scrittura», Maria risponde: «Oggi avviene questa parola, si compie»….E per Maria e per noi.

E per noi come si compie?

Ogni volta che diciamo “Eccomi, sono disponibile ad accogliere questa Parola”.

Maria di definisce «la schiava del Signore». A noi la parola “schiavo” non garba molto, però lo schiavo appartiene al padrone. Anche se questo termine non ci piace molto, è interessante in questo contesto, perché Dio diventa schiavo nostro, appartiene a noi e noi apparteniamo a Lui.

Qui viene fuori il “Cantico dei Cantici”, questa appartenenza reciproca di amore, la massima definizione dell’uomo, il mio essere suo, come il suo diventa mio.

E Maria è la prima che risponde “sì” a Dio che è sempre “sì”. E non è un “sì” generico: «Avvenga questa parola».

Non voglio fare un mito della Parola di Dio, però la Parola di Dio non è la Divina Commedia, non è i Promessi Sposi, non è Leopardi: la Parola di Dio è qualcosa di unico, ha una carica intrinseca.

«Avvenga questa parola».  “Avvenga”, cioè la Parola avviene per conto suo, tramite il mio “sì”. Ogni volta che leggiamo un brano del Vangelo, la disponibilità da chiedere è proprio:  “Ecco, tuo è l’essere mio, anch’io voglio essere tuo.  Avvenga la parola che tu dici, ti chiedo che avvenga”.

Quindi se c’è da parte nostra questa disponibilità a questa apertura, state tranquilli, la Parola avviene, perché è proprio come il seme: una volta seminato, se c’è terreno germina, e il terreno è proprio questa verginità che dice: “sì, avvenga”.

E la grandezza di Maria è proprio in questo “sì”, ed è anche la grandezza dell’uomo che concepisce Dio, l’Inconcepibile, attraverso questa accoglienza.

Ecco perché bisogna avere una fedeltà quotidiana alla Scrittura, alla Parola.

E oggi si avvera la Parola….al sesto mese….a Nazareth: torniamo alle coordinate di tempo, di spazio, di luogo; e questa Parola si avvera ogni volta che abbiamo questo atteggiamento, qui, in questo momento storico in cui viviamo….Stiamo qui, non è una lezione cattedratica, è un meditare assieme questo brano perché anche nella nostra vita si concepisca il Cristo, maturi, cresca, avvenga.

A quel tempo è avvenuta in Gesù. Come per Gesù che aveva detto nella sinagoga di Nazareth: «Oggi si compie questa scrittura, che avete udito con i vostri orecchi», qui si compie per Maria e anche per noi.

E poi l’angelo se ne va.

Quindi è entrato e poi se n’è andato via, ha compiuto la sua missione perché ormai la Parola in lei è diventata carne, non c’è più bisogno, e da lì parte l’angelo.

Dove la Parola si fa carne, da lì parte l’annuncio che la Parola è vera.

Quest’angelo – vi posso anche far ridere – posso anche pensare che stamattina sia passato di qui, perché ci ha ripetuto le stesse cose che ha detto a Maria, la stessa parola.

Ovunque si annuncia il Vangelo, probabilmente è quest’angelo che gira e quest’angelo, forse, è Maria stessa che è la prima ad aver fatto esperienza e l’ha raccontata, e noi leggiamo questo testo. Ed è soltanto Luca a raccontare questo episodio e sappiamo che ci fu un certo legame, un certo rapporto di vicinanza, di amicizia tra Maria e Luca; possiamo pensare che probabilmente Luca tutto questo l’abbia saputo da Maria stessa.

Quindi Maria che ha detto “sì” alla Parola, che l’ha accolta, lei stessa diventa un annuncio vivente, ed è presente in mezzo a noi per portarci il suo stesso annuncio: ciò che è capitato a lei, capita a ciascuno di noi se facciamo come lei.

La storia si ripete. Questa è la storia di Dio con ciascuno di noi.

Proprio così: «Oggi si compie la parola».  

Dovremmo sostare un po’ sul famoso Salmo – quel Salmo lungo, il Salmo 118 – che è tutto sulla Parola, come norma, come legge, come precetto, tutta una variazione sul tema della Parola di Dio: se l’uomo l’accoglie si unisce pienamente alla sua altra parte che è Dio, che lo fa essere ciò che è. Per me, ripeto, l’ascolto della Parola è un inizio di divinizzazione.

7. Tutti possiamo concepire “l’inconcepibile”

E poi, per concludere, il documento “Verbum Domini”, pubblicato due anni dopo il Sinodo sulla “Parola di Dio nella vita della Chiesa”. Lo scritto è l’Esortazione apostolica postsinodale di Papa Benedetto che raccoglie le riflessioni e le proposte emerse dal Sinodo dei Vescovi 2008 (le 55 proposizioni consegnate al Papa).  Ad un certo punto la “Verbum Domini” dice tra l’altro -questa non è parola mia, è parola autorevole-:  Maria « Mater Verbi Dei » e « Mater fidei »

I Padri sinodali hanno dichiarato che scopo fondamentale della  Assemblea è       di «rinnovare la fede della Chiesa nella Parola di Dio »; per questo è necessario guardare là dove la reciprocità tra Parola di Dio e fede si è compiuta perfettamente, ossia a Maria Vergine, «che con il suo sì alla Parola dell’Alleanza e alla sua missione, compie perfettamente la vocazione divina dell’umanità »  ( in questo senso, dicevo, ci tocca tutti )

La realtà umana, creata per mezzo del Verbo, trova la sua figura compiuta proprio nella fede obbediente di Maria. Ella dall’Annunciazione alla Pentecoste si presenta a noi come donna totalmente disponibile alla volontà di Dio. È l’Immacolata Concezione, colei che è « colmata di grazia » da Dio, docile in modo incondizionato alla Parola divina.

La sua fede obbediente plasma la sua esistenza in ogni istante di fronte all’iniziativa di Dio.

La  Vergine in ascolto, vive in piena sintonia con la Parola divina; serba nel suo cuore gli eventi del suo Figlio,  componendoli come in un unico mosaico.

È necessario nel nostro tempo che i fedeli vengano introdotti a scoprire meglio il legame tra Maria di Nazareth e l’ascolto credente della divina Parola.

 […] 

Ella è la figura della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fa carne.  Maria è anche simbolo dell’apertura per Dio e per gli altri;          ascolto  attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della vita.

In questa circostanza desidero richiamare l’attenzione sulla familiarità di Maria con la Parola di Dio.

Ciò risplende con particolare efficacia  […]  E cita ad esempio il Magnificat. Il Magnificat in fondo è un centone di citazioni bibliche.

E va avanti di questo passo per diverse pagine.

Poi dice:

Inoltre, il riferimento alla Madre di Dio ci mostra come l’agire di Dio nel mondo coinvolga sempre più la nostra libertà perché nella fede la Parola divina ci trasforma.

Un ultima osservazione, tornando a questo racconto dell’Annunciazione: ci mostra un Dio che si rivela come un alleato, un alleato che domanda di entrare nel suo piano di salvezza, di affidarsi a lui, di lasciarsi coprire dalla sua ombra.

In effetti anche per noi, accettare un progetto che ci raggiunge, comporta la rinuncia ai nostri piccoli calcoli. Un po’ come dicevamo la volta scorsa di Abramo che era nella tenda, contava i suoi pensieri e non vedeva più il disegno di Dio.

Mettersi nelle mani di Dio, anche per noi, vuol dire: acconsentire a lasciarsi guidare da lui, a prendere come bussola dell’esistenza la sua parola. 

Cogliere la sua azione nella nostra storia implica un atteggiamento di disponibilità a tutta prova.

Inoltre Gabriele (interessante anche questo) entra nella casa di Maria, ma in realtà introduce Maria nella casa di Dio, nei suoi desideri, nei suoi pensieri, nei suoi piani.

Maria non pretende di capire tutto, non esige garanzie di fronte ai rischi a cui va incontro: la Parola di Dio, alla fine, le basta. Proprio per questo è pronta ad assecondare l’azione dello Spirito.

Cioè Maria non misura la sua offerta, non misura quello che dona, dal momento che quello che Dio dona a lei è molto di più.

Infine, diciamo che Maria è un po’ l’icona del discepolo, l’icona del credente. L’esperienza della fede è quel “sì” che Dio si attende da ognuno di noi, è lo slancio del credente che si mette nelle mani del suo Dio.

Ecco perché dicevo che l’Avvento è il mese di Maria per eccellenza (non ho mai capito perché sia, invece, il mese di maggio). Qui, in questo mese, Maria è icona vivente della fede, è la discepola che accoglie l’annuncio di gioia che cambia la sua vita, colei che accoglie con disponibilità, e offre una risposta che impegna tutta la sua esistenza.

E’ in fondo una persona che non si appartiene più, è un dono messo nelle mani di Dio, perché Egli ne disponga secondo la Sua volontà.

D’altra parte non è neanche un bene destinato alla propria felicità, ma è un progetto più grande che comporta la salvezza del mondo intero, di tutti gli uomini.

E questa, direi, è l’obbedienza della fede: nasce dall’ascolto, ma si compie nel fare la volontà di Dio, nella semplicità e nella umiltà di questa donna.

Mi sembrava opportuno, in questo periodo di Avvento, presentare questo medaglione di Maria come donna di fede, come modello e icona anche per la nostra vita.

dontonino

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